Una doppia mostra: alle OGR a Torino e nel Complesso dell’Ospedaletto a Venezia

Le OGR - Officine Grandi Riparazioni di Torino ospitano Carousel, la prima personale di Pablo Bronstein a venire creata espressamente per gli antichi spazi industriali di corso Castelfidardo. Nato a Buenos Aires nel 1977 e emigrato a Londra, dove vive e lavora, Bronstein &egrave; affiancato dalla curatrice Catherine Wood (Senior Curator, International Art Performance presso la Tate Modern di Londra) nella realizzazione di questa doppia mostra. L&rsquo;installazione principale delle Officine &egrave; infatti affiancata da quella presente nella Sala della Musica del Complesso dell&rsquo;Ospedaletto di Venezia, i cui ambienti barocchi diventano, grazie anche all&rsquo;occasione della Biennale, un&rsquo;ideale prosecuzione dello spazio delle OGR.

Come spiega Nicola Ricciardi, direttore artistico delle OGR, in questo progetto performativo l&rsquo;artista costruisce uno spazio architettonico che ricrea la storia della danza, attraverso l&rsquo;architettura e il movimento dei corpi. Continua cos&igrave; l&rsquo;investigazione promossa dalle Officine, incentrata sul rapporto tra corpi in movimento e spazi architettonici. Una ricerca particolarmente affine a Bronstein, che gi&agrave; nelle performance allestite per la Tate si &egrave; interessato a esplorare il rapporto tra le architetture entro il cui perimetro si trova a lavorare, che reinterpreta attraverso le lenti della sua sensibilit&agrave; barocca, e la vitalit&agrave; performativa delle immagini in movimento create tramite ballerini, specchi, caleidoscopi.

Nel Binario 1 delle ex Officine va in scena un ulteriore tassello di questa interpretazione dello spazio e della societ&agrave; che lo abita. L&rsquo;installazione creata &egrave; un labirinto o maze, il nome che in inglese viene dato ai dedali costruiti per il puro gusto di perdersi. L&rsquo;altezza ridotta delle delimitazioni fa assomigliare gli spazi a dei prosceni su cui si muovono i ballerini, chiamati a rappresentare le varie epoche della danza (balli tribali e di corte, danze folcloristiche, il balletto classico) tramite coreografie sempre pi&ugrave; sofisticate. Lo spettatore non pu&ograve; per&ograve; davvero smarrirsi, ma &egrave; costretto a un percorso obbligato che lo condurr&agrave; alla sua meta prefissata. Si tratta della bizzarra costruzione, a met&agrave; tra torre di sorveglianza e tempietto, posta alla fine del dedalo. I pannelli specchianti che la costituiscono ricordano uno zootropio, il dispositivo ottico che anima le immagini facendole scorrere in loop come se si trattasse di una giostra, un carousel appunto.

Anche i movimenti dei ballerini assomigliano a una giostra di animazioni rudimentali: le sequenze meccaniche e tronche delle loro coreografie li tramutano in GIF analogiche, mescolano il piano del virtuale e la realt&agrave; sociale. Ma &egrave; nello zootropio che culmina la favola edificante e mortifera (e per questo molto barocca) narrata da Bronstein. L&rsquo;abitante della torre &egrave; la Strega Grigia, una figura enigmatica e onnipresente che rappresenta &laquo;la personificazione della lastra metallica che si nasconde dietro il vetro di ogni specchio&raquo;, come si legge nella presentazione della mostra. Da entit&agrave; che si nasconde dietro le illusioni delle immagini riflesse, la Strega Grigia compare a sprazzi sugli schermi digitali posti tra i danzatori, a evocare il voyeurismo intrinseco in una societ&agrave; in cui dominano il narcisismo e l&rsquo;onnipresenza di specchi (soprattutto digitali) in cui riflettersi.

Nello spazio veneziano, pi&ugrave; ridotto, il carosello si sposta dal palco teatrale alla camera da letto del sovrano seicentesco: luogo di potere e di immagine, &egrave; l&rsquo;equivalente privato degli spazi pubblici immaginati a Torino. Ricompaiono la Strega Grigia e due ballerini ma a fare da contraltare c&rsquo;&egrave; Bronstein stesso, nelle vesti di una figura dal volto dipinto di rosso (il diavolo, o il desiderio) che pu&ograve; occasionalmente interrompere i movimenti danzati: forza trainante e disgregatrice, ma anche sottomissione dell&rsquo;autore alle sue stesse fantasie.

In Carousel il contemporaneo entra a far parte della storia. Ma in una societ&agrave; che non bada a ci&ograve; che non sia immediato presente, sembra suggerire Bronstein, il contemporaneo &egrave; sempre pi&ugrave; l&rsquo;unica storia che abbiamo.

Carousel di Pablo Bronstein

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